Territorio – Storia

La storia di Pettorazza Grimani, al pari di quella degli altri centri sorti lungo la riva destra dell'Adige, è inscindibile dalle tormentate vicende di questo fiume, che per millenni ha disegnato e subito dopo cancellato, aiutato dall'incontenibile furia

Descrizione

Peculiarità

Il Comune di Pettorazza Grimani presenta una peculiarità insolita per i paesi di contenuta estensione territoriale, è suddiviso in due parrocchie, tale suddivisione ricorda l’antica ripartizione del territorio comunale proprio ad opera del fiume che in prossimità di Pettorazza effettuava un’ansa di grandi dimensioni.

Il territorio che oggi è di competenza della Parrocchia di Pettorazza Papafava era racchiuso dall’enorme ansa e si trovava ubicato a sinistra del fiume, appartenendo alla giurisdizione padovana, mentre le terre che si trovavano all’esterno dell’ansa appartenevano ai veneziani e in particolare ai Grimani che hanno dato il nome al comune.

La situazione territoriale di questo piccolo comune è emblematica del rapporto tra uomo, terra e fiume tipico di queste zone ed è difficilmente riscontrabile in altri contesti geografici.

Il Polesine è una terra unica impregnata di valori, usi e tradizioni frutto della secolare condizione di estrema precarietà causata dal costante conflitto tra acqua e terra, due elementi primordiali da sempre temuti e rispettati dalle genti qui stabilite, che hanno subito a lungo questa situazione prima di imparare ad “ammaestrare” il fiume attraverso drastici interventi idraulici.

Il timore reverenziale nei confronti del fiume ha origini ancestrali e rivive forte e tangibile nei numerosi e preziosi ex-voto conservati presso il Santuario della Madonna delle Grazie a testimonianza delle innumerevoli inondazioni che hanno martoriato i luoghi limitrofi.

Interventi

La situazione di estrema precarietà che per molti secoli ha scandito i locali ritmi di vita finì con l’imponente intervento di rettifica delle anse del fiume realizzato tra il 1782 e il 1784 l’esecuzione dell’opera si rese necessaria, in quanto tra il 1654 e il 1772 si erano verificate ben 8 rotte in questo sito e numerose altre in località vicine.

Un primo progetto per la rettifica delle anse fluviali che interessavano il territorio di Pettorazza era stato avanzato già alla fine del Cinquecento, tuttavia la realizzazione di tali lavori fu stabilita solo nel 1605 giungendo alla piena attuazione solo alla fine del secolo seguente.

Il paleomeandro dell’Adige che dava vita alla cosiddetta “Volta di Pettorazza” è chiaramente visibile grazie alle fotografie aeree, che hanno permesso la scoperta di una complessa e secondaria paleoidrografia superficiale che segue l’orientamento dei limites della centuriazione nel territorio a sud dell’Adige compreso tra San Martino di Venezze e Pettorazza Grimani, caratterizzato da “riprese e sconvolgimenti dei fossati e degli antichi percorsi agresti”.

All’epoca dei “Romani”

L’ansa dell’Adige in prossimità di Pettorazza esisteva presumibilmente anche in epoca romana.

Anche allora la situazione idrografica della zona era critica e l’alterato regime di portata dei fossati minori rese inagibili numerosi tratti del piano stradale della cosiddetta “via di Villadose”, in particolare nell’area a sud-ovest di Beverare interessata da straripamenti di corsi d’acqua e da riempimenti alluvionali lungo il percorso viario.

Le difficili condizioni della viabilità e della rete idrica interna spinsero i Romani a creare un percorso alternativo che aggirasse l’area di difficile bonificazione attorno a Pettorazza, per questo in località Barbarighe, a nord-est del ponte sullo scolo Ceresolo, dal rettifilo stradale Buso-Monsole, si distacca un percorso viario che proseguendo per due chilometri in modo discorde rispetto alle centurie si ricongiunge parallelo alla “via di Villadose” in località Stopaccine (frazione di Pettorazza Grimani) dove flette leggermente ad est, poco prima di incontrare il lato maggiore occidentale di una particolare struttura poligonale che circoscrive il paleomeandro dell’Adige a monte di Pettorazza Grimani rettificato solo nel 1783.

Ai giorni nostri

Tale struttura costituisce tutt’oggi una problematica emergente e ancora in fase di definizione per cui in questa presentazione verranno considerate ipotesi e considerazioni non ancora del tutto avvalorate.

“Questa singolare opera antropica è costituita da una fascia di terreno larga circa 30 m, limitata da lineazioni corrispondenti a fossati e sentieri, in parte ancora attivi: essa dà origine ad una poligonale aperta con 11 lati di lunghezza variabile, che segue e si adatta alle morfologie particolarmente rialzate degli argini dell’antica ansa fluviale”.

La struttura risulta quindi in stretto legame con la “via di Villadose” ma anche con il percorso stradale che oltre l’Adige si collega ad Agna, potrebbe quindi trattarsi di un particolare raccordo tra l’argine destro dell’Adige e il sistema viario di Adria e dell’antica fascia costiera.

Sembra inoltre che il tratto della via Annia sia collegato a tale struttura attraverso l’attuale corso fluviale dalla località Bernarda a Rottanova, questo potrebbe quindi essere il collegamento alternativo con la “via di Villadose” dopo i citati problemi di drenaggio dell’area circostante Pettorazza Grimani.

Questa “poligonale aperta” risulta estranea al tessuto centuriale dell’ager adriese pur attraversandolo, per la netta mancanza di parallelismo con alcuni limites presenti ai margini del suo percorso e per la mancanza di ortogonalità con la “via di Villadose”.

Il dibattito sulla reale natura di questa opera anomala rimane quindi aperto anche perché la struttura poligonale di Pettorazza, unica nel suo genere, è presente e ben visibile in tutte le mappe del territorio in quanto ricalcata per la maggior parte della sua estensione da sentieri e fossati ancora attivi.

Ultimo aggiornamento: 17/05/2024, 09:35

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